Il legame tra moda (creatività) e industria (manifattura tessile e abbigliamento) è un fenomeno recente. Fino agli anni cinquanta e sessanta del ‘900 l’industria tessile e dell’abbigliamento in Europa e negli Stati Uniti era infatti orientata prevalentemente alla produzione di abiti per l’esercito o da lavoro, esaltando le caratteristiche di funzionalità e non gli aspetti estetici o semantici del prodotto. Nei primi anni del secondo dopoguerra, la gran parte dei consumatori ricorreva ancora ad artigiani locali – i sarti – per far confezionare un abito, oppure se li auto-produceva. La produzione di capi di abbigliamento ad elevato contenuto estetico e simbolico era distante dalla produzione industriale e dal consumo di massa e si rivolgeva ad una ristretta élite di potenti e molto ricchi. L’organizzazione della produzione restava quindi di tipo artigianale. L’unità tra produzione materiale e la creazione estetica e di senso era ricomposta nella figura dell’artigiano-stilista, il couturier. L’ibridazione tra lavoro creativo del couturier e organizzazione industriale, che ha dato luogo all’industria della moda come la conosciamo oggi, si realizzerà solo successivamente, dopo un processo lungo e tortuoso, alla fine degli anni settanta e ha come strumento i primi contratti di licensing strategico e di lunga durata tra uno stilista ed un’impresa industriale. Il luogo dove ciò si verifica compiutamente è l’Italia, e i protagonisti sono il Gruppo Finanziario Tessile di Marco Rivetti nel ruolo dell’industria e Giorgio Armani nel ruolo dello stilista creatività.

 

Progetto Data Autore
Formatex Aprile 2011 Hermes Lab

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. Maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi